by Sofy
Come già citato nel precedente articolo, anche questa volta parto da un riflessione sull’Open World in campo videoludico, Lasciamo il link qui sotto:
L’infinito nel finito
Tutto nasce una sera davanti a una birra tra amici: i membri della ciurma di GDRUnplugged (vai qui se vuoi conoscerli: www.gdrunplugged.it!) portano un confronto su Dungeon World, parlando soprattutto del mondo che si crea all’inizio del gioco, anche se magari non si finirà mai a girarlo tutto, spesso esplorando solo una sua piccola frazione.
Partendo dal fatto che non ho mai giocato a Dungeon World, non so fino a che punto si esplori il mondo creato attorno ai Personaggi e quanto questo sia fondamentale: penso però che essendo un immaginario condiviso e non essendo un videogioco che ha dei limiti, si possa lasciare solo delle pennellate per quanto riguarda il mondo e dettagliarlo man mano che lo si esplora.
Se vogliamo rimanere sui PbtA (Powered by the Apocalypse, ndr), possiamo parlare di Cuori di Mostro o Il Mostro della Settimana, entrambi ambientati in una città dove il resto del mondo, spesso, non viene neanche considerato.
Se invece ci spostiamo su altri tipi di giochi di ruolo mi viene in mente Golconda: qui il mondo nel quale i Personaggi si muovono è solo una città che viene abbozzata con alcune pennellate, introdotti a causa delle regole stesse (tipo l’Orologio) o semplicemente attraverso le tematiche (in questo caso dark fantasy).
Nascita delle speculazioni sul concetto di Open World
Quanto un mondo grande sia davvero da considerarsi Open World è un concetto apparentemente molto relativo. Sicuramente non serve descrivere l’intera circonferenza del pianeta sul quale si cammina ed è sufficiente alle volte limitarsi a quei due, tre isolati dove i personaggi vivono e si muovono e col tempo possono trovare la libertà d’azione che soddisfi i relativi giocatori. Ma dove sta la vera misura?
Se non è zuppa è pan bagnato
Dopo questa premessa c’è da chiedersi però se possiamo dare una definizione di Open World meno vaga. Partiamo dal fatto che spesso viene associato a questo concetto quello di libertà, non solo di esplorazione ma anche di azione.
Nel mondo videoludico la libertà di esplorazione è direttamente proporzionale alle dimensioni della mappa di gioco e alla quantità di elementi in essa contenuti; nel mondo dei GDR da tavolo l’unico vero limite è la nostra capacità di aggiungere luoghi e situazioni… insomma la nostra immaginazione (e la carta a disposizione per segnarsi tutte queste cose!).
Ma allo stesso tempo si potrebbe considerare Open World un mondo che non mette paletti alle azioni dei Personaggi come in FATE, dove i giocatori possono far fare ai Personaggi azioni che vanno a cambiare la situazione e gli Aspetti in gioco, diventando una sorta di sandbox.
Alla fine è il connubio di queste due cose che ci fa capire cos’è un Open World.
Le dimensioni contano? Non sempre…
La sensazione che i giocatori devono provare è comunque quella di non sentirsi imprigionati dal dover per forza fare delle azioni o visitare aree di gioco perché costretti dalle regole. Riporto qui di seguito l’ultima frase dell’articolo:
“C’è chi si sente imprigionato pur potendo muoversi sulla superficie dell’intero pianeta. Ma c’è anche chi, tra quattro mura e di fronte a uno schermo, si sente più libero di chiunque altro. Libero di giocare, vivere, interiorizzare. Libero di fare esperienza, videoludica e non.”
Se volete dare un’occhio ai giochi che ho nominato…
Per chi fosse interessato a vedere un’anteprima dei giochi nominati nell’articolo, in seguito metto i link alle nostre giocate:
Dungeon World
Cuore di Mostro
Il Mostro della Settimana
Golconda
FATE