The Creative Burden | Il Fardello Creativo

For non-Italian readers: all you need is to check the original link of the concept right here, wrote by mr. Murray:

locating the creative burden

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https://vsca.blog/2019/01/29/locating-the-creative-burden/

Nell’articolo raggiungibile dal link qui sopra si discute di creative burden, che tradurrei in italiano come fardello creativo. In sostanza viene identificato dove e come i giocatori contribuiscono alla loro parte di apporto creativo durante l’esperienza di gioco, di fatto completando quello che qualcuno chiama lo spazio negativo del game design (matt3rh0rn, ivi). Sarà nelle regole o nella fiction?

Per quanto semplice, il fardello creativo è un ottimo spunto di riflessione e può essere un cambio di prospettiva non indifferente. Si tratta infatti di chiedersi, in fase di stesura di un nuovo gioco: dove voglio che i giocatori mettano il loro apporto affinché il gioco avvenga? È in realtà un pensiero al contrario; immagino come scrivere un gioco partendo dal fatto che voglio dare una certa libertà ai giocatori di contribuire al funzionamento delle regole e all’esperienza di gioco invece di semplicemente scrivere un manuale e aspettarmi che la mia bravura e il mio intuito mi abbiano fatto creare uno spazio bianco sufficientemente interessante per i giocatori stessi.

(Conseguentemente inoltre, non si parla più di dividere nettamente giochi tradizionali e giochi moderni per un insieme di caratteristiche particolari (coerenza delle regole, masterfull/masterless, railroading, ecc.) che poi si rivelano inevitabilmente insufficienti e troppo generaliste, ma di distinguerli per dove è posto il fardello creativo e infine, trovare anche spazio per uno spettro più ampio ed un’area più grigia, finora ignorata o di difficile interpretazione.)

Abbiamo quindi due tipi di fardelli:

  • system burden o fardello regolistico, che pone nelle regole del gioco stesso delle “lacune” che poi i giocatori dovranno colmare, facendo vero e proprio game design;
  • story burden o fardello narrativo, che concede invece ai giocatori la possibilità di dare il loro apporto creativo durante la narrazione degli eventi nell’immaginario collettivo.

È fondamentale dire che i giochi possono avere uno o tutti e due i fardelli, in misura diversa, anche se i due si influenzano inevitabilmente a vicenda.

Troveremo che la maggior parte dei giochi tradizonali (D&D e simili) saranno concentrati sul primo tipo di fardello (in maniera spesso non del tutto esclusiva però). Dopotutto il motto di questi giochi è spesso regolette, non regole (in originale rulings not rules, ndr), quindi ci si aspetta che qualcuno apporti modifiche, spesso al volo, per far funzionare il gioco, magari a causa di lacune sulle regole o semplicemente perché il gioco stesso non lo definisce a priori. O che faccia queste modifiche per adattare il gioco alle esigenze del gruppo stesso, magari ancor prima di iniziare a giocare, avendo premesso alcuni obiettivi comuni (facciamo che le armi siano tutte letali, non voglio dover contare cibo e munizioni in questo gioco, ecc.).

Molti dei giochi moderni invece, soprattutto quelli derivati direttamente o indirettamente dalla teoria forgita sono fondati esclusivamente sul secondo tipo di fardello. Si darà quindi per scontato che non ci sia necessità di modificare le regole di gioco, ma ci si aspetta che tutti cooperino in maniera più o meno omogenea ad aggiungere dettagli e a plasmare la storia a proprio piacimento.

Chi detiene il potere di colmare queste lacune creative, e quando? Ovviamente dipende tutto dalle indicazioni nel gioco (se presenti). È necessario quindi che in fase di game design, qualsiasi siano i fardelli creativi, ci sia un occhio di riguardo da parte del designer su come e dove questi debbano entrare in azione, sviluppando il gioco di conseguenza.